E’ tragicamente mancato il Professor Marzio Romani, storico economico di valore, fine studioso.
La Sise, di cui egli fece parte dalla sua fondazione, la presidenza e il consiglio esprimono il proprio cordoglio
e la propria vicinanza alla figlia, professoressa e collega Marina Romani, e ai famigliari tutti.
Lo ricorda il Professore Francesco Boldizzoni, che fu uno dei suoi allievi alla Bocconi.
Marco Doria
Ricordo di Marzio Achille Romani (1938-2025)
Ci ha lasciati improvvisamente, vittima di un assurdo incidente stradale, Marzio Romani, emerito di Storia economica all’Università Bocconi e in precedenza docente nelle Università di Parma, Brescia e Urbino. La nostra Società gli deve molto, a cominciare dalla sua fondazione avvenuta, nel 1984, su iniziativa di Aldo De Maddalena e dei suoi allievi.
Marzio non si sentiva predestinato a fare il professore, né lo storico, e questa circostanza ne spiega forse, almeno in parte, un certo tratto di signorile umiltà, che in lui si combinava ad altre rare doti caratteriali quali riserbo e schiettezza. Dopo la laurea in economia a Parma, nel 1961, e un anno speso all’IBM di Milano, egli cedette al fascino intellettuale di De Maddalena che lo volle al suo fianco come assistente. Per i successivi due decenni, coi piedi ben piantati fra Mantova, la sua città, l’Emilia e la Lombardia, si sarebbe misurato con una varietà di problemi classici dell’età preindustriale, muovendosi attorno ai grandi assi di moneta, prezzi, finanza pubblica e pensiero economico e ponendo al tempo stesso le basi per ricerche di frontiera sulla storia economica delle corti e su quella di criminalità e giustizia.
Lo rivedo, come fosse ieri, ormai sessantenne, alla prima lezione del corso per matricole che teneva, alla Bocconi, assieme a Marco Cattini. Stretto nella sua giacca di velluto marrone, con lo sguardo leggermente rivolto verso l’alto, si sforzava di distillare l’essenza di alcune definizioni di sviluppo economico per concludere sulla centralità delle mentalità collettive. L’ideale cui anelava era, del resto, quell’“histoire, science de l’homme, connaissance des hommes” invocata da Lucien Febvre fondatore, con Marc Bloch, delle Annales. E chi meglio di lui incarnava il proverbiale “orco della fiaba” che trova la sua preda “là dove fiuta carne umana”?
Capitava spesso di sorprenderlo con le mani sporche di polvere o d’inchiostro mentre compulsava faldoni o fotocopie di vecchie carte d’archivio. Marzio Romani aveva un rapporto con le carte che non esiterei a definire sentimentale. E non perché fosse animato da spirito antiquario – niente affatto! – ma in quanto per lui rappresentavano il mezzo per dialogare con gli uomini del passato. Attraverso le carte egli penetrava in un universo misterioso, mai totalmente alieno dal nostro vissuto eppure così radicalmente altro. Com’egli stesso ebbe a confessare, questo rapporto costituiva una vera e propria ragione di vita. Non a caso, quando Internet si affacciò sulla scena, Romani si impadronì rapidamente del nuovo strumento, consapevole delle immense prospettive che la digitalizzazione dischiudeva per la ricerca. Ricordo distintamente di essere entrato nel suo studio un pomeriggio di metà anni Duemila mentre era alle prese con un repertorio di mappe che qualche grande biblioteca aveva riversato in rete. I suoi occhi brillavano come quelli di un bambino che aveva ottenuto libero accesso a una fabbrica di giocattoli.
Dedicando tempo ed energie a giovani e meno giovani che bussavano alla sua porta, Romani aiutò con generosità e disinteresse totale due generazioni di storici a crescere e affermarsi negli studi. È sorte comune ai galantuomini ricevere meno riconoscenza di quella che sarebbe loro dovuta. Sono però convinto che il suo esempio di uomo integro e libero continui a ispirare molti fra quanti lo conobbero e vennero contagiati dalla sua evidente passione esistenziale.
Francesco Boldizzoni