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In memoria di Sergio Zaninelli (1929-2025)

 

 

Il 23 settembre 2025 è scomparso il professor Sergio Zaninelli, maestro e collega che ha lungamente operato per promuovere il valore scientifico e culturale della storia economica.

Sergio Zaninelli si laurea nel 1955 in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Milano e intraprende la carriera accademica come assistente volontario della cattedra di Storia economica, tenuta da Mario Romani, nella Facoltà di Economia e Commercio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. La collaborazione tra i due era nata attorno a una piccola struttura del movimento cattolico diretta da Romani, l’Istituto sociale ambrosiano, dove il giovane Zaninelli era stato incaricato di riordinare un fondo costituito dalle carte di un grande esponente del sindacalismo italiano. Negli anni Sessanta Zaninelli consegue la libera docenza e poi entra nel ruolo di assistente universitario, insegnando Storia economica, Storia del movimento sindacale e Storia dell’agricoltura. Dal 1970 diventa ordinario presso la Facoltà di Sociologia della Libera Università degli Studi di Trento. È preside di tale facoltà nel 1973-1974, quindi presiede il comitato ordinatore per una nuova Facoltà di Economia. Nel frattempo, non manca di frequentare gli archivi e le biblioteche locali per ricostruire la storia economica del Trentino nell’Ottocento.

Nel 1975, venuto improvvisamente a mancare il professor Romani, Zaninelli torna a Milano e assume la direzione dell’Istituto di storia economica e sociale, così come quella dell’altro centro di ricerca fondato dal suo maestro, l’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia. Da allora ha insegnato a lungo Storia economica e Storia del movimento sindacale, formando schiere di studenti e di laureati e coinvolgendoli con la passione, la chiarezza di pensiero, il rigore che gli erano propri. Lo stesso stile con cui si rivolge ai lavoratori giovani e adulti che frequentano i corsi di formazione sindacale cui partecipa come docente.

Dal 1980 al 1983, in un periodo complicato per l’ateneo cattolico, Zaninelli ricopre l’incarico di prorettore al fianco di Giuseppe Lazzati. Poi, essendo mutati gli equilibri della governance dell’ateneo, si concentra sulla direzione dell’Istituto di storia economica e sociale, configurandolo come una vera e propria palestra per i giovani cui offrire un ambiente per consolidare interessi e competenze nello studio della storia economica e sociale. Di ciò diede conto nel volume Alla scuola di Mario Romani. Un trentennio di attività dell’Istituto di storia economica e sociale e dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia (1975-2004) (Milano 2004). Allo stesso tempo conferma la sua disponibilità ad assumere altre responsabilità istituzionali. È stato preside della Facoltà di Economia e Commercio per tre mandati (1983-1992) e la sua carriera accademica culminò con la sua nomina nel 1998 a Rettore, incarico che mantenne sino al 2002.

Nel 1996 Zaninelli venne eletto presidente della SISE per il successivo quadriennio. Porta la sua impronta il convegno finale, svoltosi a Roma nel 2000, su “Il lavoro come fattore produttivo e come risorsa nella storia economica italiana”, convegno articolato su cinque assi: avviamento e mercato del lavoro; occupazione e salari; tecnologia, competenze e lavoro; impresa e organizzazione del lavoro; istituzioni del lavoro (qui il sommario e il PDF del volume edito nel 2002).

La sua attività di studioso della storia economica, specialmente italiana e lombarda dall’età delle riforme al Novecento, di coordinatore di progetti scientifici di ampio respiro, nonché di autore o curatore di manualistica universitaria è in parte documentata dalla cronologia dei suoi scritti (nel volume Temi e questioni di storia economica e sociale in età moderna e contemporanea. Studi in onore di Sergio Zaninelli, Milano 1999, qui). Vi traspare l’operosità di un maestro che ha contribuito al rafforzamento della storia economica in Italia, nella convinzione che essa, e più in generale l’istruzione universitaria, possano contribuire a colmare le maggiori fragilità culturali del nostro Paese, tra cui una scarsa cultura dello sviluppo o la scarsa valorizzazione del lavoro.