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Call for Papers: “Standards: shared rules or tools of power? Technical standardization and the evolution of business and economy in the contemporary age” (NUOVA scadenza 30 ottobre)

La rivista scientifica “Ricerche di Storia Economica e Sociale / Journal of Economic and Social History” propone un bando per un numero speciale, che farà parte del numero 2023/1, riguardante “Standard: regole condivise o strumenti di potere? La standardizzazione tecnica e l’evoluzione del business e dell’economia nell’età contemporanea”.
Per “standard” si intende qualsiasi documento approvato da un’organizzazione riconosciuta che definisce regole, linee guida, codici di condotta, caratteristiche, per usi ripetuti e comuni rispetto ai quali il rispetto non è obbligatorio. L’economia contemporanea si basa su un vasto sistema di regole e convenzioni elaborate da enti e associazioni grazie al lavoro di migliaia di esperti, che riguardano i prodotti e i processi produttivi, la tecnologia, la sicurezza sul lavoro, i rapporti tra imprese, i mercati, la tutela dei consumatori e degli utenti, ecc. Nel tempo, la standardizzazione e le certificazioni si sono diffuse e si sono ampliati gli ambiti per i quali le aziende sono tenute a dimostrare la propria conformità. Con la globalizzazione, la formalizzazione delle conoscenze e delle pratiche attraverso standard, protocolli, certificazioni, sistemi di audit, è diventata ancora più universale. Quindi, la standardizzazione è diventata un grande business: “A livello globale, ci sono oltre mezzo milione di standard pubblicati. Senza contare gli innumerevoli standard interni, che sono alla base di ogni azienda di successo. Questo mezzo milione di standard è il prodotto di oltre 1.000 organizzazioni di sviluppo di standard riconosciute in tutto il mondo” (Bredillet 2003). Inoltre, per alcuni studiosi, la standardizzazione tecnica ha alimentato il passaggio dalla governance attraverso leggi e principi alla governance attraverso la programmazione, che consiste nella definizione di criteri e procedure formalizzate e nella successiva verifica del rispetto degli stessi, anche attraverso strumenti scientifici e di controllo più raffinati. Un approccio nato nel mondo delle imprese e progressivamente applicato ad altre istituzioni (tra cui le università) grazie all’introduzione di indicatori quantitativi ed esperti di “qualità”, per indurre una valutazione “automatica” e autonoma delle performance. Questo può aver portato a un’erosione della regolazione esterna (compito del diritto pubblico) a vantaggio dell’autonomia privata (Supiot 2015).


Per delimitare il campo, sono esclusi gli ambiti in cui le regole sono emerse da tempi più antichi e spesso per consuetudine: la metrologia, i principi contabili, la lex mercatoria. Nell’età contemporanea, lo sviluppo di norme e codici è progressivamente cresciuto. Negli Stati Uniti, la fondazione del National Institute of Standards and Technology risale al 1901 e sessant’anni più tardi le organizzazioni coinvolte nelle attività di standardizzazione erano salite a 350. In Italia uno degli enti più coinvolti è l’UNI (Ente nazionale italiano di unificazione, oggi Ente italiano di normazione), che da un secolo elabora norme e linee guida coinvolgendo i suoi membri, costituiti da professionisti, aziende, associazioni, enti pubblici, centri di ricerca, ma anche istituti di formazione, rappresentanti dei consumatori e dei lavoratori, enti del terzo settore, organizzazioni non governative.
Quali sono state le ragioni e quali gli effetti immediati? Per gli osservatori liberali, gli standard introducono più o meno barriere nei mercati, con intento protezionistico. Al contrario, per gli studiosi dell’innovazione la standardizzazione diffonde la conoscenza, trasferisce la tecnologia, accorcia i tempi di introduzione di prodotti e servizi sul mercato, crea reti di relazioni tra imprese e ricerca, delinea il quadro in cui si sviluppano nuovi prodotti e nuovi mercati, contribuisce a ridurre i rischi economici e finanziari della ricerca e dell’innovazione. Pertanto, l’Unione Europea riconosce alla standardizzazione il suo contributo all’innovazione e alla competitività, attribuendole un ruolo simile a quello dei brevetti. Anche le piccole imprese trarrebbero vantaggio dall’adesione agli standard, potendo allinearsi a conoscenze e pratiche più avanzate. Al contrario, altri osservatori ritengono che gli standard costringano le piccole imprese o i ritardatari ad adottare prescrizioni e procedure che rispondono a finalità definite altrove, come il cambiamento climatico e la sostenibilità, e che il piccolo o l’operatore meno avanzato subisce passivamente attraverso esperti, norme disciplinari, marchi. Infatti, non senza ritardi e conflitti interni, accanto alle normative pubbliche, molti enti e associazioni economiche hanno elaborato indicazioni di prodotto, nomenclature, protocolli che le aziende associate possono sottoscrivere in vista del loro accreditamento da parte di agenzie indipendenti. I primi a muoversi in questa direzione sono stati i settori più esposti al commercio estero e quelli tecnologici (trasporti, telecomunicazioni, industria chimica e degli idrocarburi, elettrotecnica) che all’inizio del XX secolo hanno dato vita alle prime istituzioni internazionali di standardizzazione: settoriali (come la International Electrotechnical Commission) e poi multisettoriali (come la International Standard Association, 1926) con le relative conferenze tecniche internazionali per l’unificazione, fino all’attuale ISO (International Organization for Standardization) nata nel 1947.


La storiografia ha indagato la costruzione preindustriale della qualità, sottolineando il ruolo delle corporazioni e degli standard qualitativi nei mercati internazionali, come quello della seta. Sembra ancora carente per l’età contemporanea (XIX-XX secolo) per quanto riguarda i vari settori agroalimentari – forse caratterizzati dalla prevalenza di normative pubbliche, a tutela di interessi diffusi come quelli dei piccoli agricoltori, dei consumatori e del pubblico igienico; ma anche per quanto riguarda i settori intensivi e scientifici, dove la cultura degli standard è emersa precocemente come compito prioritario dei tecnici e degli specialisti. Gli standard e la standardizzazione sono quindi un campo che può essere indagato a diverse scale – settori economici, tipologie di aziende, istituzioni, protagonisti specifici – e cercando dietro le convenzioni formali le ragioni di convergenza o di conflitto tra gli stakeholder, a livello nazionale e in rapporto con gli altri Paesi.


Argomenti suggeriti:

  • Standard e processi di standardizzazione (XIX-XX secolo):
  • Definizione di standard (istituzioni, processo decisionale, convergenze internazionali e sovranazionali).
  • Contenuti degli standard (processi produttivi e prodotti, prestazioni…)
  • La crescita degli standard in un settore (ad es. industria alimentare, chimica, meccanica, elettrica, tessile-abbigliamento, ecc.)
  • La standardizzazione in relazione al commercio estero (in entrata e in uscita)
  • Le “guerre degli standard” nelle relazioni internazionali
  • Standard internazionali, concorrenza e sicurezza dei consumatori
  • L’esplosione della standardizzazione privata con la seconda globalizzazione
  • Imprese e standardizzazione:
  • Grandi e piccole imprese di fronte alla standardizzazione tecnica
  • Codici e standard tra aziende (ad esempio verso i fornitori)
  • L’approccio tecnologico alla qualità, da F.W. Taylor alla Gestione Totale della Qualità
  • Il controllo qualità (contenuti, esperti, protagonisti)
  • Certificazione e accreditamento esterni all’azienda (agenzie, procedure, effetti).
    L’affermarsi della prospettiva di conformità aziendale
  • Standardizzazione e “qualità totale” dalle imprese ad altre istituzioni sociali (organizzazioni non profit, università, pubblica amministrazione).

Le proposte di paper (max 500 parole), redatte in inglese / francese / italiano / spagnolo, devono essere inviate, entro il 30 ottobre 2022, alla redazione della rivista redazione.rises@gmail.com, con l’oggetto “Call Standard”, e devono contenere: titolo, obiettivi, metodologia e fonti.
Si prega di aggiungere un breve curriculum vitae (max 100 parole).
L’accettazione delle proposte sarà comunicata entro il 15 novembre 2022.
I saggi, della lunghezza massima di 9.000 parole (note incluse), possono essere redatti in inglese / francese / italiano / spagnolo.
La consegna dovrà avvenire entro aprile 2023.
Gli articoli saranno sottoposti a una doppia revisione in cieco (double blind peer review).
La stampa del volume (2023, IX, 1) è prevista per settembre 2023.

RiSES – Ricerche di Storia Economica e Sociale / Journal of Economic and Social History
Dipartimento di Studi Economici
Università Roma Tre
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